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SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

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SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda bakufu » lunedì 18 luglio 2011, 11:53

Ho aspettato qualche giorno dalla conclusione dell’avventura prima di inondare il forum con il mio v/b-enefico inchiostro un po’ per una certa mia spossatezza cerebrale transeunte post gara, un po’ perché l’avvenimento meritava di essere storicizzato (non so assolutamente che c***o significhi tale frase, ma mi è sempre suonata bene e mi fa tanto discepolo hegeliano).
Bando alle ciance. Anzi, via alle ciance: si parte.
Forse ve l’ho già detto che quest’anno sono arrivato primo (o per meglio dire alla pietromennea: sono arrivato uno) nella classifica stagionale del Triveneto di seconda? Non lo sapevate? Beh, allora vi dico, naturalmente senza alcun intento autocelebrativo, ma soltanto     per completezza di esposizione, che l’immenso Bakufu, magnifico giocatore che unisce ad un talento sopraffino, una fantasia di gioco ed una eleganza impareggiabili, è arrivato primo (o per meglio dire alla pietromennea: è arrivato uno) nella classifica stagionale del Triveneto di seconda.
A differenza dell’anno scorso, in cui ero un intruso (in effetti qualcuno scoprì subito che mi ero introdotto furtivamente nella gara e mi rispedì a casa immediatamente), quest’anno a Saint Vincent vado a giocarmela, anzi vado proprio a vincere.
Un paio di settimane prima mi alleno con Amelie (grande Paoletta, però magari, per rispetto dei tempi televisivi, quando ti manca niente per vincere, tira e chiudi, non aspettare che la Fibis, per sfinimento, approvi il Lodo Luzzi con abbuono degli ultimi 3 punti). Secca al 120: mi straccia. 4 su 7 al 60: la straccio. Mumble, mumble, ragionando scientificamente, se lei perde il 4 su 7 e poi vince il campionato italiano, io che ho perso la secca al 120…
Giovedì sera preparo la borsa. Bakufina mi fa dono del suo orologio in gomma con tre cinturini intercambiabili a formare il Tricolore (secondo indizio) ed adorante mi chiede: “Ma Papà, poi tu torni a casa con una coppa, vero?”.
Venerdì mattina parto con un giocatore di Trieste che non conosco e che scopro essere, non un giovanotto imberbe come me (oddio in verità ho 40 anni, però effettivamente di barba ne ho proprio pochina), ma un attempato signore ultrasessantenne e pensionato che si trascina una gamba resa ciompa da un riuscitissimo intervento chirurgico di routine (la routine, oltre ad essere la tomba dell’amore è anche la tomba della salute). Ah, benon, mi dico, 500 chilometri con un vecchio prostatico che mi fracasserà gli zebedei a spiegarmi quanto duri fossero i suoi tempi e quanto inetti siamo noi della new generation. Mi ricredo già sul Passante di Mestre, ora so che me la passerò, visto che il mio compagno di viaggi è un grande raccontatore di storie con mille interessi e mille progetti, il quale quasi subito ammette: “Eh, sì, ai nostri tempi era davvero tutto più facile!”. Grande Tiziano!!
Una volta arrivati, neanche il tempo di lasciare le borse in albergo, che già siamo al Palais per calarci nella sua atmosfera magica. E' in corso la gara di doppio a tutti doppi
Seguo con più interesse l’avventura del Modo e del Cavallino che riescono ad aggiudicarsi un girone di ferro, col Cavallino che mi sorprende per la pazienza e la capacità di tenere a freno la sua naturale irruenza di ventenne.
Più tardi mi guardo con una certa sufficienza il quarto Lopez-Soresini, convinto che Gattone Lopez non abbia che da leccarsi i baffi, tanto che poi me ne vado a mangiare, mentre in contemporanea Soresini si sta mangiando il gatto.
Torno per Cavazzana-Mannone. Tifo Cavazzana, non tanto perché lo conosca (il nostro rapporto di confidenza si spinge addirittura sino al ciao-ciao), ma perché proprio mi piace come la stecca resta sospesa in un vortice di correnti nell'incavo della sua mano, come si imposta sulle gambe, quanto distante tiene il ponticello. La partita non è bella, ma il finale della settima partita è al cardiopalmo con Mannone che la spunta prima con un po’ di fortuna e poi con un sontuoso colpo di chiusura, oltrechè per una scelta di tiro forse discutibile (se il giro non c’è non c’è) di Cavazzana, davvero affranto alla fine dell’incontro.
Vado a nanna pigliandomi un quartino di sonnifero ad evitare una notte in bianco.
La mattina torno al Palais in perfetta divisa da gioco (t-shirt, bermuda e ciabatte) e vengo inopinatamente respinto al check-in, ma tanto gioco all’una e mezza e quindi c’è tempo. Mi guardo un po’ i Triveneti ed assisto alla sconfitta alla prima di Tiziano che però non gioca male (lo pensavo più scarso). Torno in albergo, mi cambio, mi allaccio il filiale orologio, imbraccio la stecca cannone ed esco. Cammin facendo mi accorgo che nella tasca sinistra dei pantaloni ho dimenticato di infilare il fazzoletto.
Arrivo, supero il check-in e mi presento al biliardo. Durante la prova di rito, non azzecco un tiro che sia uno, quasi mi trema il braccio, e dimentico pure che tiri dovrei provare. Mi preparo al peggio. Mi ripeto ossessivamente “Bakufu stai calmo, stai calmo, chiudi gli occhi e concentrati sul tuo respiro”. Meccanicamente ripeto i soliti rituali: borotalco sulla mano, gesso sulla punta, gomma americana in bocca, sorso di acqua, scrollatina di collo, ma la leggera patina liquida che mi vela gli occhi non mi abbandona, ho quasi un senso di vertigine. Acchita lui, non tanto bene. Mi imposto per la mezza garuffa, brandeggio, pensando ossessivamente “leggero, stai leggero, segui la stecca”, ed improvvisamente è tutto chiaro, tutto facile, tutto scontato. Marco 6 ed inizia una cavalcata trionfale. Gioco come mai avevo fatto, mantengo una media punti impressionante, io che non sono un birillaio, c***o, ma io dovevo stare coi prof, non qua. Vinco 120 a 50-55 e sono pronto per la seconda.
Anche qua non c’è storia. Il mio braccio vive di vita propria ed ha una propria intelligenza. Non devo far altro che seguire quello che lui mi dice. Non c’è partita: 120 a 60.
Alla terza il biliardo è posto sotto la tribunetta, non sono più lontano dagli spettatori accoccolato sotto il palco della direzione gara. Mi guardano. Ma perché mi guardano? Non si aspetteranno mica qualcosa da me, vero? Cerco di tenere lo sguardo basso, ma i loro occhi me li sento puntati addosso come tante doppiette, pronte a far secca la beccaccia di turno. Vi prego, sparite. Voi della regia fate qualcosa, tirate giù il sipario e lasciatemi giocare in pace.
Il biliardo è più..., come dicono i forti? È più duro, ma probabilmente è solo il mio braccio che ora è di grana marmorea. La partenza non mi aiuta, sbaglio il primo raddrizzo, perdo d'incanto tutte le mie certezze (forse non sono un giocatore professionista), e comincia l'estenuante e mortificante ricerca del correttivo giusto (un bollino in più di taglio, mira mezzo girello più in fuori, trattieni di più, anzi no, lancia la stecca, arretra il ponticello, alleggerisci l'impugnatura, inclina la stecca, più ritmico il brandeggio, usa l'anello, sì quello di Heragon, una zampa di ragno, bava di coccodrillo, coda di lucertola e mescola il magico intruglio nel pentolone...).
Intanto il mio avversario continua a tirare come un ossesso, alle volte anche senza logica o più esattamente, ad essere onesti, fiero seguace del terzo postulato di Nick Nolte: “Chi tira forte tira sempre due volte”. Io abbandono ogni tentativo di ribattere colpo su colpo, ma cerco di disseminare la foresta di trappole mortali in puro stile Viet-Kong. Riesco così a restare agganciato allo sparacchione fino all'85 pari quando il mio avversario non decide di farmi ammirare il suo personalissimo “Colpo del Dragone”: tre passate, rimpallo di prima, giran le palle girano, 6 punti buoni ed arrivo a pallino. 9 e messa angolo angolo!!! CHE SPETTACOLO!!!
Come un pugile mezzo suonato cerco di riprendermi, ma manco di lucidità e di precisione. Lotto con la forza dei nervi, ma inconsapevolmente mi dò per vinto e nessuno ha la bontà di risvegliarmi per dirmi che era solo un brutto sogno. Ho perso! Ho perso! E' finita!!
Raccolgo i miei poveri stracci di giocatore e, sguardo basso, mi avvio all'uscita. Lì mi fumo un cicca in 23 secondi netti cercando di capire perchè ho perso e finalmente, dopo aver rimuginato a lungo, trovo la pace comprendendo  il vero motivo di tutto quel che mi è successo: il fazzoletto! Mi ero dimenticato il fazzoletto.
E' stata la mancanza di quei pochi grammi sul lato sinistro a compromettere l'intero equilibrio posturale del mio corpo provocando così un disassamento della linea di tiro effettiva rispetto a quella ideale, disassamento che nelle prime due partite ero riuscito a compensare grazie ad una rotazione del tronco verso destra di 3,6 gradi. Purtroppo nella terza partita lo stato di tensione determinato dalla presenza del pubblico ha causato un errato calcolo del controbilanciamento necessario...
Ah, meno male, quasi quasi pensavo di aver perso per colpa mia. No, l'onore è salvo. Resto sempre un grande giocatore, ma sfido chiunque a vincere senza fazzoletto...
Pensate che la ragione della mia sconfitta non regga e che sia solo una scusa? Beh, allora non avete sentito tutti i discorsi fatti dagli altri  sconfitti di turno fuori dal Palais.
Sono ormai le sette di sera ed io ed il triestino decidiamo che no, non è giusto, due bei giocatori come noi non meritavano di incappare in un destino beffardo e crudele e ce ne andiamo ad Aosta, allo Snooker. Mangiamo qualcosa al salto e poi iniziamo a giocare, come se nulla fosse successo, soli in questa sala deserta. Ci stordiamo di italiane e goriziane per annegare i nostri dispiaceri, quando verso le 11 e mezza, alla porta fa capolino, solingo e guardingo, il mitico Paolino Omezzoli. Non sapete chi è Paolino Omezzoli? Paolino vive sul Lago di Garda, sponda trentina anche se gioca ad Altavilla, avrà ad occhio e croce 75 anni, anche se è nato solo 62-63 anni fa, è piccolino di statura ed assomiglia un po' all'assistente di Benny Hill, ha una camminata leggermente arcuata ed affaticata, è sposato, ma sua moglie ormai non si ricorda più chi sia, non lo vede mai, ufficialmente fa il calzolaio quasi in pensione, ma in verità la sua principale occupazione è quella di partecipante ai tornei di biliardo. Lui, sulla sua agenda mensile, non ha segnato l'appuntamento dal dottore, i giorni di raccolta del secco o la comunione del nipotino, ma solo ed esclusivamente gli appuntamenti biliardistici del mese in Italia. Poi, con la sua macchinina, prende e parte, si fa quei 2-3-400 chilometri al colpo, gioca, qualche volta vince il girone, molto più spesso perde, e poi torna a casa, comunque felice di aver fatto il suo dovere di giocatore.
Paolino se ne sta appoggiato ad un altro biliardo e ci guarda giocare confidando in un cenno che tarda ad arrivare. Io infatti sono una carogna e lascio che si crucci un pochettino nel dubbio prima di invitarlo ad unirsi a noi. Quando azzecca il tiro intuisci sul suo volto un fremito di godimento intenso che lo percorre sotto pelle.
Giochiamo fino alle 2 quando la gamba di Tiziano ci ordina di smettere. Salutiamo Paolino che probabilmente il giorno dopo partirà per una gara di birilli in programma a Vladivostok e rientriamo a San Vincenzo.
La mattina seguente lasciamo da parte per un attimo il biliardo e ce ne andiamo a far scorta di fontina e toma (eccheccazzo, non si vive si sola stecca…), ma poi veniamo subito attratti dalla grossa calamita posta al centro del Palais.
Osservo con invidia i giocatori in divisa che quindi non hanno ancora assaporato il gusto amaro della sconfitta, ma mi consolo subito pensando che alla fine tutti (meno uno) capiranno di aver dimenticato il fazzoletto…
Incontro la Paoletta che ha trascorso una piacevole serata al Pronto Soccorso di Aosta, vittima di improvvisi svenimenti di origine sconosciuta. Siamo d’accordo che tornerà a casa in macchina con noi.
Ci guardiamo la prima semifinale Soresini-Mannone. Ancora una volta Soresini conferma che l’avevo sottovalutato portando la sfida alla bella prima di perdere all’ultimo tiro, prima ancora per un colpo fortunoso di Mannone (messa di traversino dopo un rimpallo di terza o dopo aver toccato il pallino, non ricordo), poi per un giro tirato con troppa tensione addosso.
Son quasi le tre e decidiamo di affrontare la salita che porta alla via principale per mangiare qualcosa. Alla mia sinistra si arrampica Tiziano “O’ Zoppo”, alla mia destra arranca Paoletta “A’ Svvenuta”. Avverto i miei sventurati compagni di non pensarci neppure, che nessuno si azzardi a giocarmi un qualche scherzo (tipo stramazzamento al suolo con conseguente rotolamento verso il Palais), perché non avrei alcuna remora ad allontanarmi alla chetichella fischiettando.
Percorriamo all’incirca 38 chilometri avanti ed indietro alla ricerca di un qualche oste italiano, così gentile da prepararci un piatto caldo anche fuori orario. I nostri connazionali ci respingono tutti senza pietà ed alla fine veniamo salvati da due Nordafricani che ci offrono (a pagamento) i loro kebab, non prima di aver dovuto far la fila per poter poggiare i gomiti su un tavolino. Per favore, non dite in giro che ho fatto la fila in Val d’Aosta per mangiare un kebab.
Ritorniamo al Palais per vedere la seconda semifinale Quarta-Rossetti. L’andamento dei primi set è, tutto sommato, equilibrato, ma poi Rossetti cede di schianto anche a causa di una sequenza impressionante di giri stampati da Quarta.
Sono ormai quasi le sei. E’ ora di andare. La finale la vedremo in tv. Ci avviamo verso l’autostrada, ma dall’alto notiamo un certo ingolfamento. Dirottiamo quindi sulla statale per Torino. Siamo gli unici ad averci pensato se si eccettua un altro migliaio di automobilisti, tutti in collegamento telepatico. Dopo una decina di chilometri percorsi a passo d’uomo, riusciamo ad infilarci in quell’autostrada che prima avevamo tanto sdegnosamente evitato.
Nonostante le code a tratti a cui ormai credo che tutti gli automobilisti siano affezionati (se mancano iniziano a pensare che ci sia qualcosa di spaventosamente strano), il viaggio è piacevole ed i discorsi passano da quella indimenticabile vomitata post balla al tentativo di provare l’esistenza di Dio.
Arrivo a casa a Mezzanotte passata e mestamente svuoto la mia borsa da viaggio, appoggiando l’orologio tricolore sul comodino di Bakufina che dorme beatamente, a cui riservo una carezza. Mi spiace, piccolina, nessuna coppa, ma abbiamo formaggio per i Beati Apostoli…
La borsa ormai è vuota, ho rimesso tutti gli indumenti al loro posto, compreso quello stramaledetto fazzoletto rimasto sul fondo, ma i miei sogni di giocatore mediocre, quelli no, li custodisco gelosamente nella borsa, sicuro che li realizzerò in una prossima occasione, perché il destino di tutti gli amanti del biliardo in fondo è proprio questo: cadere, rialzarsi e cadere ancora, ma sempre con la speranza di vivere, prima o poi, una giornata di gloria…
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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda riccardino » lunedì 18 luglio 2011, 12:27

Sei un grandeeeeeee !!

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"dopo questi qui ne verranno altri"
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Messaggioda Runus » lunedì 18 luglio 2011, 12:41

GRANDISSIMO!!!

Io sono un parolaio facile, uno che ha partecipato pure a S. Vincent, che ne ha raccontate e ne avrebbe ancora, ma una descrizione così avvolgente e coinvolgente non l'avrei mai partorita.

Applausiiiiiiiiiiiiiiiiiiii :)  :bigclap:  :bigclap:  :bigclap:  :bigclap:  :bigclap:

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Messaggioda nira » lunedì 18 luglio 2011, 12:47

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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda fabrisoft » lunedì 18 luglio 2011, 13:03

sei un grosso  :okpollicione:
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Messaggioda El putin » lunedì 18 luglio 2011, 13:19

:pianto: Snif! Snif! ..... sono commosso..... la storia della mia vita .....snif!! snif!!  :ehm:  mancavano  solo i particolari della mosca noiosa .. quella che gira attorno prima del tiro decisivo.... :atomic:  lo spettatore che mangia le patatine  scrocchiando come un frantoio....la signorina kesikina raccogliendo l'ombrello caduto con fragore nell'attimo di silenzio  :angelo: ..il dilemma ... "ma finora ho giocato con la bianca o con la gialla!"...  :arrabbiato: .... e "è possibile che sto biliardo è regolare solo quando tira l'avversario??!!!"..... ecc.... ecc...
MITTIKOBAKUFU!!!
La passione è l'unico oratore che spesso persuade.
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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda pierino la peste » lunedì 18 luglio 2011, 14:15

SANTO SUBITO !!!
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Messaggioda La Torre » lunedì 18 luglio 2011, 14:21

Caro Andrea, come in tutti i tuoi racconti, con grande autoironia fotografi perfettamente situazioni che tutti noi poveri peones del biliardo abbiamo vissuto.
Complimenti! Spritz pagato!
Follia è fare e rifare la stessa cosa aspettandosi che succeda qualcosa di diverso
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Messaggioda Biagio999 » lunedì 18 luglio 2011, 14:36

grande!
Regione Salento :

lu mare, lu sule, lu ientu.
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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda B1 » lunedì 18 luglio 2011, 19:26

:bigclap:  :bigclap:
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io ti spiego tutta la fisica che ci sta dentro nel biliardo, tra le 4 sponde. io conosco la fisica che ci sta dentro alle bilie.proprio.
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Messaggioda urbino07 » lunedì 18 luglio 2011, 21:12

Grazie per aver condiviso le tue emozioni descrivendole bene e con simpatia e amore per il biliardo :bigclap:
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Messaggioda ZORRO » lunedì 18 luglio 2011, 23:16

Troppo bello e ben descritto...  :okpollicione:
io ho risentito addirittura anche gli odori di quel magico teatro...  :fico:
Enrico Basilio
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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda amelie » martedì 19 luglio 2011, 8:00

Insuperabile come sempre!  :okpollicione:
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Sotto con gli allenamenti!!!
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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda genio » martedì 19 luglio 2011, 11:49

Anche l'ambulanza Paola.. :D
LA LEGGENDA DEL CALCIO SIAMO NOI!
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Re: SAINT VINCENT, MON AMOUR by Bakufu

Messaggioda amelie » martedì 19 luglio 2011, 12:20

Anche l'ambulanza Paola..

:D  :D  :D
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