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"Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vidotto

Tecnica, tattica, sistemi e materiali di gioco

Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda rik » sabato 3 agosto 2013, 20:27

bravo Luigi! (e Sergio, chiaro!!!)
rik
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda sergio vidotto » domenica 4 agosto 2013, 18:20

Da Sergio Vidotto.
Ragazzi, questa sì che è una discussione! È un incendio che divampa!
     Probabilmente lo dobbiamo a Mingabun che ha acceso il cerino, dopo di che ha preso subito fuoco come una specie di bonzo, vestito solo d’una stecca da 600 grammi, o giù di lì. Mi dispiace che sia stato zittito: probabilmente il Coordinatore ha fissato delle regole che io non conosco e, visto che il suo intervento è stato apprezzato qua e là da vari colleghi, devo dedurre che tali regole siano in qualche modo giuste e necessarie. Ma ugualmente mi piacerebbe conoscere quel che l’amico Mingabun abbia continuato a dire: sono propenso a credere che, a meno di insulti gratuiti, offese ingiustificate e bestemmie all’Onnipotente, le sue parole non contengano nulla di irreparabile; la mia idea è che qualunque punto di vista sia meritevole di essere ascoltato, commentato  e messo a confronto con gli altri, tanto più quando alimenta discussioni interessanti, come quella in corso. Oltre a ciò, mi è rimasto qualche dubbio tecnico, per così dire: da quelle poche parole che sono state riportate di lui nel forum, mi sembra di capire che egli deplori il fatto di star seduti a leggere un libro, al posto di occuparsi invece di cose pratiche o tecniche, come fare movimenti scomposti mentre si tira o capire perché si sbaglia. Beh, se è così, sono d’accordo con lui al cento per cento; la prova è che le cose da lui preferite sono il titolo del racconto che, secondo quel suo punto di vista, è inutile leggere.
Beh, certo non dico ciò per portare acqua al mio mulino; il fatto è che il concetto espresso da Mingabun mi ha lasciato un po’ perplesso, col dubbio di non aver bene interpretato il suo pensiero; e mi piacerebbe un suo nuovo intervento a chiarire la questione.
Ed ora, permettetemi di rispondere ad alcuni altri colleghi che sono intervenuti in questo dibattito così vivace, e non poteva non esserlo, visto che ha come argomento centrale il modo di afferrare la grande Chimera; ecco, se poi uno disperasse a catturarla tutta, perché è piuttosto viscida e rapidissima a fuggire, magari si contenterebbe di catturarne almeno un paio di piume, e già questo sarebbe un bel sollievo per lui, che dovrebbe però mettersi seriamente a caccia, credo, e non aspettarsi che queste gli scendano da sole fra le mani, come  un nuovo Forrest Gump.
In quanto alla Chimera, vi do una notizia importante: essa esiste, l’ho intravista ed ho scambiato un po’ di chiacchiere con lei. Vi dico subito che non è felice di essere chiamata Chimera, perché non lo è; nel senso che è tremendamente reale, agisce come una macchina perfetta, si dispiace di essere usata così raramente, e si lascerebbe volentieri catturare da qualcuno che appena credesse davvero alla sua esistenza.
Prima di continuare, vorrei scusarmi con coloro che, più che altro per motivi di spazi,  trascuro di citare. Gli interventi sono davvero parecchi, ed io non ho il dono della regolarità che invece è necessario, che so, per un impiegato delle Poste tenuto a sbrigare tutta la corrispondenza che gli passa per le mani. Ora, la prima osservazione è su Rimartille, che ha spostato la questione mentale dei giocatori nel fatto che uno sia psicologicamente più o meno forte dei colleghi;  Asso ferro rinforza tale affermazione dando a ciò il nome, che sarebbe più calzante, di ‘carattere’. Qui, cari amici, temo che si vada fuori dal seminato. L’ottimo intervento di Mauricir (‘Il carattere è una parola dai contorni non ben definiti, ecc’) basterebbe da sola a chiudere la questione; io posso solo aggiungere che l’attività mentale non c’entra nulla col carattere, il cui significato è veramente ambiguo e lo si usa più che altro per giustificare alla buona certi comportamenti che poi non sono mai uguali, ma sono effetto di chissà cosa si agita in quel momento nella testa di quella persona. Bene, per il momento limitiamoci a questo e passiamo oltre; non vorrei diventare insopportabilmente prolisso, come spesso mi rimprovera il mio sodale Maurizio del Ludomania.
Abbiamo poi l’amico Omeris, il quale più di tutti sembra teso nel tentativo, come d’altronde è giusto, di afferrare per la coda la fantomatica Chimera, realmente esistente. Avrei delle cose da dirgli in proposito che l’accenderebbero di speranza, ma per il momento riprendiamo il discorso sull’oggetto dell’attuale dibattito, che verte sul rapporto fra gesti, tecnica biliardistica e qualcosa di fumoso che è difficile da definire, e pare abbia sede nella mente.
Se non  avete letto la parte tecnica del racconto o, una volta letta, l’avete subito dimenticata, vorrei brevemente rammentarvi le 7 fasi di gioco, le quali non sono altro che le cose che si fanno in sequenza (o si dovrebbero fare) prima di colpire la vostra biglia. Fra queste fasi prendo come esempio una, la terza, che tratta della verifica dei calcoli che pochi secondi prima avete fatto per il vostro tiro.  Ora, mettiamo una posizione classica delle biglie: la battente si trova vicina alla metà circa della sponda corta e l’avversaria è lontana, laggiù intorno all’angolo della sponda corta opposta. Il giocatore dà un’occhiata per visualizzare la posizione, qualche volta solleva il mento di scatto per avere una visuale più alta di un mezzo centimetro, decide che la posizione è proprio quella che ha visto e passa velocemente alle prossime fasi, posizione del corpo ecc, fino al tiro finale. Esito: abbastanza buono. La biglia avversaria è colpita in modo quasi giusto, va verso il castello, non proprio nel mezzo ma appena laterale, butta giù un birillo, ne fa tentennare un altro che però rimane in piedi, e si ferma più o meno dove prima c’era la battente. Rimanenza? Così così: l’avversario riesce a vedere la biglia che gli serve, di pochissimo, ma la vede. Conclusione: avete fatto due soli punti e lasciato un tiro abbastanza facile per l’avversario. Ora: quante volte vi è successa una situazione simile nella vostra carriera biliardistica?               
Qualcuno dirà che è normale, che rientra nell’ordine naturale delle cose, che non tutti i tiri possono essere perfetti, che il cuoio era stata appena cambiato, che la stecca non era la sua solita, ecc; non oso pensare a quante spiegazioni si possano dare per una cosa di questo genere, che propriamente non si può neppure considerare sbaglio, ma semplice imperfezione. Mah, aldilà di spiegazioni più o meno banali, vi chiederei ancora: quante partite avete perso a causa di imperfezioni simili? Mi sembra già di sentire la risposta: tante. Eppure, se in quel caso descritto sopra aveste svolto con scrupolo la terza fase, avreste aumentato le probabilità di giocare quel punto al meglio; e non sarò io a ricordarvi quanto importante sia in un tiro fare sei punti anziché due, e lasciare le biglie coperte al posto di abbandonarle in piena luce… Ma cosa avreste dovuto fare, in pratica? Niente di mirabolante: solo avere la forza d’animo, l’interesse, la voglia di fare tre o quattro passi fino a controllare da vicino la distanza effettiva in cm della biglia avversaria dalle due sponde,  correggere leggermente la decisione stabilita nella fase precedente, quella del primo calcolo, stabilire il punto definitivo sulla sponda corta e l’entità dell’effetto, compiere i passi di ritorno, mettersi in posizione e stare attenti a colpire perfettamente secondo questi nuovi calcoli. Si tratta di una serie di operazioni che è più lunga da descrivere che da mettere in pratica; i vantaggi che ne derivano sono, spero, evidenti; ma perché non lo si fa così spesso, o quasi mai? Anche qui le spiegazioni più o meno fantasiose possono essere tante; ma tutte accomunate dal fatto che è la mente, in questo caso, la grande protagonista. E qui si avrebbe una specie di dimostrazione che il movimento fisico ed il pensiero (la mente) sono strettamente collegati fra di essi; e, notizia nuova, entrambe queste due cose sono legate ad una terza, che è l’emozione. Ora, tranquillizzatevi: sembra che oltre a questi tre elementi non ce ne siano altri (di principali), anche se capisco che la sola idea di avere a che fare con tre elementi di questo calibro, tutti egualmente importanti, può far venire un leggero mal di testa.  
C’è da dire che le emozioni sono in genere l’elemento più ignorato dei tre; eppure esistono, e lavorano a pieno ritmo; e spesso sono fuori controllo e lavorano contro il vostro interesse. Eccovi alcuni esempi di emozioni che spingono a trascurare la terza fase: l’indifferenza o la noia di andare fin lì, l’insofferenza verso i calcoli approfonditi, la vergogna di farsi vedere così indaffarato, l’orgoglio di far vedere che a noi basta un’occhiata, l’urgenza di mostrarsi alla pari con l’avversario il quale, a sua volta, disprezza la terza fase e fa i propri punti con disinvoltura, ecc.
Certo, uno che sia d’accordo sui benefici di questa fase potrebbe dire: “me ne frego di tutto! Io faccio questa terza fase sempre e comunque, e che l’avversario mi guardi pure con ironia, o che il pubblico sogghigni” ecc; e in buona parte potrebbe anche farcela, ma ce la farà sempre? Purtroppo no. Le emozioni che si buttano fuori dalla porta rientrano subito dalla finestra: e allora? Ecco,  un modo passabile per salvarsi è di riconoscere che si è in preda ad una certa emozione, e tentare di controllarla; e seppure si tratti di una soluzione piuttosto blanda, porta a volte dei reali benefici. Non mi soffermo oltre su questo argomento, perché si potrebbero di colpo aprire territori molto vasti, non adeguati ad una chiacchierata fra amici, come questa.
Ciò che mi sento di dire invece è che suona illusorio separare le cose di cui siamo fatti, come se una o due di queste agissero indipendentemente una dall’altra; così, gli insegnamenti tecnici possono essere anche utili, ma non ficchiamoci in testa che da soli bastino a fare un giocatore. A proposito, anche sull’insegnamento ci sarebbe molto da dire, ma su questo interessante argomento mi riprometto di tornarci un’altra volta.
E per continuare con la carrellata di interventi, ecco ancora Omeris che si chiede: “Com’è che a volte un giocatore è forte psicologicamente e altre volte, in condizioni assolutamente analoghe, non lo è?”
Ecco, la domanda è posta bene; ma la risposta si cela, quasi all’insaputa dello stesso Omeris, nella domanda. Infatti, se egli fosse stato davvero sicuro del modo di porre la domanda, avrebbe detto: “condizioni assolutamente uguali”; ma ha scelto la parola ‘analoghe’ che, benché rafforzata da ‘assolutamente’, propriamente significa affini, conformi, simili; il che non è la stessa cosa di ‘uguali’. In questa sfumatura c’è la risposta, che suona così: la forza psicologica (chiamiamola così) è diversa perché le condizioni dell’individuo non sono mai del tutto uguali, ma solo analoghe.  
Il grande Luigi ha colto in qualche modo la differenza. Oltre a ciò, lo ringrazio per l’incoraggiamento e per la bellissima storiella che io non conoscevo. Posso solo aggiungere che con i sordi si può anche comunicare a gesti; ma se qualche leone, oltre che sordo, si mostra anche cieco, beh, approfittando di tutte queste menomazioni, forse è  meglio girare al largo.
L’ultimo commento riguarda l’intervento di Mario Traversa, che è molto ragionevole e, credo, incarna il pensiero di moltissimi giocatori. Troppe cose sono state scritte a vanvera, troppe verità che poi si sono rivelate dei bluff, eccetera. Devo dire a proposito che anch’io, scrivendo il mio racconto, avevo ben presente l’eventualità di scontrarmi con la giusta diffidenza di un eventuale lettore. Per questo, mi sono ripromesso di dire solo delle cose anch’esse ragionevoli, contando sul fatto che la maggioranza dei lettori avesse provato le stesse cose che provai io dopo un tiro malamente sbagliato. Poi, rendendomi conto che, parlando della mente, mi inoltravo in un terreno non conosciuto a tutti, e che quelli che non ne avevano dimestichezza ne avrebbero potuto giustamente diffidare, ho cercato di mettere sulla carta solo ciò che ho sperimentato di persona e di cui ho avuto riscontri personali nei due sensi, essere sollecitato a ricordare, e ascoltare altri che di sé ricordavano. Così, mi sento la coscienza perfettamente a posto: non sto cercando di abbindolare nessuno, e credo fermamente in tutto ciò che ho scritto.
Ciao a tutti; e non mi scuso più per la lunghezza delle mie risposte: ormai mi conoscete e, come  si fa fra gli amici, avete imparato a sopportarmi.
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda omeris » lunedì 5 agosto 2013, 11:16

:okpollicione:

......Abbiamo poi l’amico Omeris, ....... Avrei delle cose da dirgli in proposito che l’accenderebbero di speranza, ma per il momento riprendiamo il discorso sull’oggetto dell’attuale dibattito,......

???????????????????????????
Ultima modifica di omeris il lunedì 5 agosto 2013, 11:16, modificato 1 volta in totale.
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda balosso » lunedì 5 agosto 2013, 15:02

Buongiorno a TUTTI
Bella discussione un po' bulgara ma interessante :ciao:
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda luigi » lunedì 5 agosto 2013, 17:43

Carissimo Sergio, che dire? Grazie del piacere di leggerTi!

A ciò aggiungo solo due annotazioni, una restando in tema:
Che ne pensi della "terapia" suggerita da asso ferro?

L'altra (fuori contesto, ma che mi intriga assai) prende spunto da questa Tua frase:
"Non mi soffermo oltre su questo argomento, perché si potrebbero di colpo aprire territori molto vasti, non adeguati ad una chiacchierata fra amici, come questa."

Spero proprio che, prima o poi (magari aprendo apposita discussione), aprirai e ci condurrai attraverso i predetti "vasti territori".

Per intanto, un caro saluto.
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda balosso » lunedì 5 agosto 2013, 19:14

edit di fabrisoft
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda asso ferro » martedì 6 agosto 2013, 2:54

caro sergio
nelle tue analisi mi sono piaciute due metafore:
la prima è quella di aver servito la fauna indocile che vediamo dalla mongolfiera
di brusca e striglia,sarebbe stato meglio dire di striglia e brusca forse;bene in proposito comincio col dirti che non ho più intenzione di servire la fauna,sarà dura ma è uno dei miei primi propositi,sarà meglio d'ora in avanti farsi servire !

la seconda è la possibilità di acchiappare la chimera,già mi sembra di aver già toccatogli la coda, ma forse la mia è una speranza più che una sensazione ma ti assicuro che l'acchiapperò la sto inseguendo e non la perdo di vista un attimo!

certo che leggere tra le righe dei tuoi discorsi mentre cerchi di dirci le cose senza per questo sbilanciarti più di tanto mi intriga.

la domanda che vorrei porti è questa:sono io che interpreto i tuoi scritti a modo mio o sei tu che dai  lo spunto per far si che ognuno che ti legge tragga le sue conclusioni e le adatti al suo vissuto nel mondo del biliardo?

oppure tu sei quello che disegna il rebus ed io lo devo risolvere?
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda balosso » martedì 6 agosto 2013, 10:22

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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda balosso » martedì 6 agosto 2013, 10:48

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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda bracciostorto » martedì 6 agosto 2013, 10:54

Azz.....!!!
mingabun e balosso non saranno mica parenti?!?!  :P
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda fabrisoft » martedì 6 agosto 2013, 10:55

per cortesia, non sprecate energie dietro a certe persone, è una bella discussione non roviniamola

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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda mario traversa » martedì 6 agosto 2013, 14:16

con Sergio più che a biliardo avrei timore di giocare a poker :D

ciao e grazie comunque per i tuoi consigli

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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda andrea alt » venerdì 9 agosto 2013, 13:19

eg. Sgr Vidotto, ancora prima di scaricare e leggere il suo libro, cosa che farò stasera dal p.c., io la ringrazio per il semplice fatto che lei ha voluto condividere una sua creatura, data da un lavoro spinto da un'estrema passione credo, cn tutti noi! Lei è solo da lodare, magari ci fossero altri come lei, che senza alcun secondo fine, ma solo per amore di questo bellissimo sport, mette a disposizione anni di osservazione e di esperienza...
Inoltre personalmente sto passando un brutto periodo bigliardistico e ,letto i post precedenti di tutti gli amici, sono convinto che la sua lettura mi servirà...Grazie.
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda asso ferro » lunedì 19 agosto 2013, 15:39

via via che leggo e rileggo i  nostri post mi assalgono tanti dubbi ma trovo che alcuni tasselli sono andati al posto alcune ferite forse si stanno rimarginando,sono mesi che ho spostato l'attenzione sul lato mentale del nostro sport,sono sempre lo stesso giocatore di prima, ho lo stesso talento,ma affinare la tecnica è una cosa,domare le emozioni un'altra.
Voglio raccontarvi, così lo metto per iscritto e magari mi serve ad eliminarlo questo maledetto difetto,come l'anno scorso ho perso troppe partite tutte nello stesso modo(facendo sempre lo stesso sbaglio senza neanche accorgermi):il mio avversario mi sfugge io non gioco male però lui fa tanti birilli ed io no,guardo il punteggio e dentro di me dico,vediamo questo quant'è bravo,comincio a curare tutto ,lo metto in difficoltà ,lo raggiungo o quasi finché lui commette un errore grossolano, rimane sotto di traversino o di filotto,le biglie non sono ancora ferme che io sono sul tiro, non ho ancora tirato che già sono in piedi,risultato naturalmente pessimo del tiro,lui realizza ed io perdo.
sette fasi?
ma quali sette fasi ne ho fatte 0,5.
sergio la mia domanda è:questo è un errore che ho ripetuto varie volte,lo so,eppure l'ho commesso un sacco di volte,PERCHE?
se lo ripeto senza neanche pensarci ci sara un motivo,un meccanismo da sistemare,qualcuno di voi magari lo ha eliminato.
Attendo con ansia le risposte di voi tutti non solo di Sergio!! :ciao:  :ciao:  :okpollicione:
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Re: "Perchè si sbaglia nel gioco del biliardo" di Sergio Vid

Messaggioda ematerz » lunedì 19 agosto 2013, 16:51

Personalmente credo che tu stia cercando inconsciamente di uscire il prima possibile da una fase della partita che ti crea ansia. Finché la partita è messa male, sei comunque abbastanza sereno emotivamente (magari arrabbiato perché la stai perdendo, ma non in preda a una girandola di emozioni). Quando invece la partita torna sui binari giusti e arrivi al tiro importante, la tensione sale al massimo livello, soprattutto se in palio c'è qualcosa a cui tieni (un passaggio di batteria, la possibilità di battere un avversario sulla carta più forte, ecc...). Ecco, secondo me è molto faticoso stare dentro a quella tensione, e tirare è un modo per uscirne. Finché sei in fase preparatoria, sei assalito dalla paura di sbagliare, o dall'eccitazione di potercela fare o da mille altre emozioni che ti succhiano le energie che invece andrebbero dedicate al colpo. In quei momenti è facile lasciarsi prendere anche dallo sconforto preventivo delle conseguenze di un'eventuale errore. Insomma, per farla breve, arriva velocemente il momento in cui non vedi l'ora di tirare per vedere com'è andata a finire. Verrebbe voglia di chiudere gli occhi e "qualche cosa succederà". Ovviamente quello che succede la maggior parte delle volte è un errore grossolano che regala la vittoria all'avversario e resta solo la rabbia di una fatica enorme fatta per rimettersi in carreggiata e poi sprecata solo a causa di quell'ultimo maledetto tiro.
Ho parlato a te direttamente, ma ovviamente la stavo raccontando a me stesso, visto che mi succede spesso la stessa identica cosa. Ho ricordi molto dolorosi in questo senso, ultimo dei quali la gara nazionale di Ancona di poche settimane fa (vedi discussione).
La domanda, per quanto mi riguarda, diventa: come gestire le fasi salienti di una gara, se la tensione si impadronisce di noi e non riusciamo in quel momento a porvi un rimedio? Io credo che certe scelte di tiro, per esempio, potrebbero virare verso soluzioni che ci tranquillizzino di più, a costo di rimandare una chiusura al tiro successivo. E spero che, collezionando un po' di queste situazioni, piano piano iniziamo a familiarizzare con esse fino a considerarle fasi più normali di gioco (con la conseguenza di realizzazioni più vicine alla nostra media).
ASH
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